La questione delle celle telefoniche: tanto rumore per nulla?

“Qualcuno doveva aver calunniato Josef K., perché, senza che avesse fatto niente di male, una mattina fu arrestato. 
[…]
K. prestò scarsa attenzione a questi discorsi, non dava gran peso al diritto, che forse ancora possedeva, di disporre delle proprie cose, molto più importante per lui era vedere chiaro nella sua situazione; alla presenza di quella gente, però, non riusciva nemmeno a riflettere, la pancia della seconda guardia – perché non potevano che essere guardie – lo urtava di continuo quasi amichevolmente, ma se alzava lo sguardo vedeva un viso secco, ossuto, con un naso grosso e storto, che non si accordava per niente con quel corpo grasso, che s’intendeva con l’altra guardia senza badare a lui. Che gente era quella? Di che cosa parlavano? Da quale autorità dipendevano? Eppure K. viveva in uno stato di diritto…”

(Da Il Processo, Franz Kafka)

Se in questo blog mi occupassi di politica, probabilmente dovrei usare l’espressione “convergenze parallele”.
La userò comunque, sia pure impropriamente, per definire un certo atteggiamento mediatico al quale stiamo assistendo in relazione a Massimo Bossetti.
Si tratta di un’espressione ossimorica, paradossale, in quanto secondo la logica comune ed i principi della geometria euclidea è impossibile che due rette parallele possano convergere.

Ieri qualcuno faceva notare, nel mio gruppo facebook, che per quanto riguarda il caso Bossetti, a differenza di quanto comunemente accade, non si leva una voce contraria neanche per fare dispetto alla TV rivale.

E’ come se nel caso di Bossetti una serie di posizioni divergenti avessero trovato un punto di raccordo: si va dai garantisti di facciata agli sciacalli mediatici in cerca di mostri e tragedie, dall’opinione pubblica arroccata nel suo tradizionale bisogno di un colpevole a chi, contestando il concetto di “famiglia tradizionale” ha trovato nell’immagine di un Bossetti “casa, Chiesa e famiglia” un perfetto capro espiatorio da strumentalizzare.

Un atteggiamento spesso sfociante perfino in un’escalation di violenza verbale e minacce sui social network, contro le quali nessuno ha ritenuto di dover prendere posizione.

Dal momento che ho già affrontato a più riprese la questione del DNA, e che oggi ho perfino avuto modo di leggere con piacere, sull’Espresso, un lungo ed accurato editoriale del Dott. Giancarlo De Cataldo che, con un’onestà intellettuale rara di questi tempi, invitava doverosamente ad un’estrema cautela, credo sia giunto il momento di affrontare un’altra tematica che ha provocato i più fragorosi rulli di tamburi e le più grottesche sviolinate di televisioni e stampa: mi riferisco alla questione delle celle telefoniche.

Prima di vedere come la tematica è stata affrontata, assai maldestramente, dagli organi di informazione, è necessario inquadrare la questione concreta nei suoi contorni reali, ossia sulla base di quanto emerge dagli atti.

Ecco dunque quanto risulta in merito dall’ordinanza del GIP Vincenza Maccora:
“In particolare risulta che Yara Gambirasio,che aveva a disposizione l’utenza *omissis* scambia tre sms”, rispettivamente alle ore 18,25-18,44 e infine 18,49.
“I primi due sms agganciano la cella di Ponte San Pietro, cella compatibile con la palestra di Brembate Sopra ove la ragazza si trovava, mentre il terzo sms viene agganciato dalla cella di Mapello, via Natta, area più lontana dalla palestra di Brembate, area opposta rispetto tragitto che la ragazza avrebbe dovuto fare per ritornare a casa e comunque compatibile con la presenza di Yara Gambirasio nell’area di Mapello”.

Come si collega tutto ciò con Massimo Bossetti?
La risposta la si ricava dalla stessa ordinanza:
“Infatti il pomeriggio della scomparsa di Yara Gambirasio l’utenza nr.
omissis, intestata a Bossetti Massimo, attivata il 03.01.2009, ha agganciato alle ore 17.45 la cella di via Natta di Mapello (BG), compatibile con le celle agganciate dall’utenza cellulare in uso a Yara Gambirasio nello stesso pomeriggio, prima della sua scomparsa, dato
che anche il cellulare della ragazzina risulta abbia agganciato la sera del 26.11 alle ore 18,49 la medesima cella. L’indagato si trovava quindi, quantomeno alle 17,45 proprio nella zona in cui si trovava Yara Gambirasio e nelle ore successive e fino alle ore 7.34 del mattino
successivo il suo cellulare non ha più generato traffico telefonico.
Tale ultima circostanza assume rilievo in una valutazione globale e non isolata degli indizi a carico di Bossetti.
Perché se è possibile che il suo cellulare abbia agganciate la cella di
Mapello via Natta alle 17,45 del 26.11.2010 perché per rientrare a casa dal lavoro l’indagato transitava di fronte al centro sportivo di Mapello (come è dichiarato nel corso del suo interrogatorio), se dalla valutazione isolata dell ‘indizio si passa a quella globale e si collega
tale dato a quelli fin qui illustrati…[…]”

Nell’ordinanza, dunque, il GIP sottolinea espressamente come questa circostanza di per sé sia piuttosto labile, ed assuma rilevanza in un contesto globale.
Ci sono tuttavia almeno due osservazioni da fare, che personalmente credo possano far sorgere qualche dubbio anche sulla rilevanza globale della circostanza.
La prima è un’evidente discrasia cronologica: il dato avrebbe potuto acquistare rilevanza globale se vi fosse una marcata compatibilità tra gli orari in cui i cellulari di Bossetti e di Yara hanno agganciato la cella telefonica di Mapello/Via Natta, ovvero se la cella telefonica in questione fosse sita altrove.
In parole povere, il fatto che un abitante di Mapello come Bossetti agganci la cella telefonica di Mapello non è un indizio, né singolarmente né globalmente considerato: è una mera ovvietà, dal momento che quella cella telefonica copre la sua abitazione e parte del tragitto che compie per tornare a casa dal lavoro.

Ed è anzi estremamente significativo il fatto che il cellulare di Yara agganci la cella telefonica di Mapello ad oltre un’ora di distanza, perché ciò indica che prima della scomparsa si trovava in luogo diverso rispetto a Bossetti, gettando un certo discredito sull’ipotesi che Bossetti fosse “appostato” per spiare le mosse della ragazza, come qualche solerte teleimbonitore non ha incautamente mancato di suggerire.

Infatti, se Yara aggancia le prime due volte la cella telefonica di Ponte San Pietro (ore 18,25 e 18,44) compatibile con il cortile della sua palestra, e se Bossetti aggancia nella sua ultima telefonata alle ore 17,45 quella di Mapello, si può pacificamente dedurre che Bossetti era a Mapello (o in prossimità di Mapello) mentre Yara era a Brembate Sopra.

Sarebbe stato molto più logico, se Bossetti fosse colpevole, che alle 17,45 si trovasse nei pressi della palestra di Brembate piuttosto che, verosimilmente stando alle celle telefoniche, in casa sua a Mapello ovvero in auto in direzione di Mapello.

Inutile però dire che i fautori del linciaggio mediatico ai danni di Bossetti non si sono fermati a riportare questo presunto indizio, ossia il fatto che quest’uomo abbia agganciato una cella telefonica compatibile con la propria abitazione e ad oltre un’ora di distanza rispetto alla vittima, ma, come al solito, hanno voluto ricamare, dar fiato alle trombe attraverso particolari rococò che definire falsi non è diffamazione, ma semplice inferenza logica.

Un articolo pubblicato sulla Stampa qualche settimana fa, ad esempio, informava i lettori, già dal titolo, che “il telefono di Bossetti era spento solo quella sera”, e proseguiva spiegando, con dovizia di particolari, che “un’ipotesi avanzata dagli investigatori è anche quella che Bossetti dopo aver fatto la telefonata vicino alla palestra di Brembate, sia andato a casa, abbia spento l’apparecchio telefonico e sia uscito senza portarlo con sé per andare a prendere Yara che lasciò la palestra verso le 18,30. Tre quarti d’ora in cui potrebbe avere avuto il tempo di sbarazzarsi dell’unico strumento che avrebbe potuto renderlo tracciabile (un messaggio, una telefonata ricevuta per caso) anche davanti al campo di Chignolo. E alle 9 di sera, di nuovo a casa, a cena con moglie e figli come un padre esemplare.”

Io non so se esista, o sia mai esistita di fatto, una deontologia della professione per i giornalisti: ma so per certo, stando agli atti, che Bossetti non ha fatto alcuna telefonata “vicino alla palestra di Brembate”, dal momento che la cella telefonica agganciata dal suo telefono cellulare alle ore 17,45 è quella di Mapello/Via Natta, e non quella di Ponte San Pietro che copre la palestra di Brembate.
Non si capisce poi per quale ragione avrebbe dovuto fare una telefonata proprio in prossimità della palestra, quasi la cosa potesse dargli un alibi anziché creare un indizio a suo carico, ma la questione è così palesemente assurda che, per quanto ci si sforzi, è difficile perfino trovare una spiegazione logica all’evidente erroneità della notizia.

Capite, gentili lettori, che un’informazione corretta su una questione tanto delicata non può basarsi sul “venghino siori venghino”, ma deve rendere conto di quelli che sono i dati effettivi?
E se i dati effettivi sono così poco appetibili da rendere necessaria una sistematica manipolazione delle notizie, allora sarebbe forse il caso di cominciare a porsi qualche domanda.

Perché dinnanzi ad un quadro accusatorio di questo tipo le contraddizioni sembrano insormontabili, ed ogni pezza sembra fare più danni del buco.

Ci troviamo di fronte ad un Bossetti freddo e astuto calcolatore, che aveva pianificato tutto così bene da conoscere le celle telefoniche perfettamente al pari di un tecnico, salvo poi:

-fregarsi da solo chiamando il cognato poco prima di spegnere il telefono con solerzia sospetta.

-uccidere senza movente una ragazzina, o meglio, non ucciderla, ma lasciarla viva e agonizzante, dopo averla colpita in modo “relativamente superficiale” (vedasi ordinanza) e maldestro, dando spazio alla possibilità (non trascurabile visto che non era lontana da casa) che la trovassero in tempo e raccontasse tutto.

La verità, sempre molto più prosaica degli articoli dei nostri organi di stampa, è semplicemente che un uomo che vive a Mapello ha agganciato la cella telefonica che copre Mapello anche nel giorno in cui c’è stato un tragico omicidio, la cui giovane vittima ha agganciato (tra l’altro) la cella telefonica di Mapello ad oltre un’ora di distanza.
Ed è ben difficile ritenere che “globalmente” questo fatto possa acquistare una sua validità.
Può acquistare validità, e senza dubbio la acquista, il fatto che l’ultima cella telefonica agganciata dalla povera Yara sia quella di Mapello, ai fini di chiarire ad esempio dove debba collocarsi l’aggressione ai danni della stessa.

A tal proposito gioverà ricordare che sin dall’inizio i cani molecolari puntarono proprio al cantiere di Mapello, e se fosse proprio quel cantiere il luogo del delitto, si spiegherebbero perfino le tracce di calce nei polmoni della piccola Yara senza alcun bisogno di ricorrere al “teorema Bossetti”, che sembra vacillare sempre più non appena si incrociano i dati disponibili.

Ma c’è un’altra cosa che deve necessariamente essere sottolineata: se la grancassa non ci ha risparmiati per un solo giorno la solfa del cellulare di Bossetti spento “proprio quella sera”, bisogna infatti sottolineare che niente e nessuno ci dice che fosse spento.
Ne danno atto gli stessi documenti relativi al fermo, che riporto integralmente, che parlano molto più prosaicamente del fatto che dopo la telefonata delle ore 17,45 “quell’utenza non faceva più comunicazioni fino alle 7,34 del mattino successivo”.

E’ davvero così strano?
Tutti voi fate o ricevete ogni sera delle telefonate?
E se vi chiedessero per quale ragione il giorno X dell’anno Y non avete fatto alcuna telefonata di sera e fino al mattino successivo, sapreste rispondere con certezza?
O vi accanite, cari giornalisti-opinionisti-teleimbonitori, contro un semplice Bossetti, riversando sulla sua persona a mò di capro espiatorio, tutti i mali del mondo, accusandolo di essere “contraddittorio” solo perché ha difficoltà a ricordare qualcosa che non potrebbe ricordare nessuno?
E quanti di voi hanno mai chiamato un muratore di sera, o meglio ancora in piena notte?

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Se non bastasse, è sufficiente fare una piccola ricerca sulle pagine bianche per scoprire che Bossetti avesse a disposizione anche un telefono fisso, ragion per cui non si comprende per quale ragione, una volta tornato a casa dopo una giornata di lavoro, non potesse concedersi quello strano lusso di spegnere il cellulare per passare una serata tranquilla con la sua famiglia in santa pace

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Vedete, io non sono un inquirente, sono una cittadina comune.
Ma nel momento in cui mi si presenta come indizio il fatto di aver agganciato una cella telefonica che copre nientemeno che la propria abitazione, e dinnanzi ad un indiziato che spiega apertamente che in quella fascia oraria tornava a casa dal lavoro passando per il paese (vicinissimo al suo) in cui viveva una povera ragazza che è stata uccisa, siete voi che dovete dimostrarmi che le giustificazioni addotte da Bossetti sono colpevoli, non il contrario.

Siete voi che dovete dimostrarmi che Bossetti passò per Brembate solo quel giorno e non tutti i giorni tornando dal lavoro, e siete ancora voi che dovete dimostrarmi che in tutti gli altri giorni Bossetti stava al telefono per tutta la sera e tutta la notte.

Altrimenti è più che legittimo, in uno stato di diritto in cui l’onere della prova incombe sull’accusa, ritenere che questi indizi non significhino proprio nulla, e che i media stiano scavando la fossa ad uomo a suon di notizie superficiali ed inesatte, quando non palesemente menzognere.

Prima di concludere anche quest’analisi, infine, non posso non inserire una considerazione ulteriore.
Mi è stato segnalato, alcuni giorni or sono, un articolo del Giornale (leggibile qui: http://www.ilgiornale.it/news/tre-giorni-dare-nome-all-assassino.html) scritto in tempi “non sospetti”, ossia nel 2011.
Dopo il ritrovamento del cadavere della povera Yara Gambirasio si cercarono, ovviamente, eventuali tracce di DNA.
Il resto della storia lo conosciamo, ossia tra le diverse tracce di DNA ci si è concentrati in particolare su una traccia derivante da materiale biologico, presumibilmente sangue, dalla quale si è ricavato il DNA di Ignoto 1, che ora ci dicono essere Bossetti.

Da questo articolo risalente al 2011 (e da altre fonti dell’epoca) si ricava che il DNA ricavato dalla ormai nota traccia (presumbilmente) ematica doveva essere confrontato con quello di una serie di persone della zona di Brembate-Mapello-Chignolo (i tre luoghi in cui il tutto sembra essersi svolto) il cui DNA era già stato preso dagli inquirenti sulla base del controllo delle celle telefoniche: in altre parole, era stato preso (non so se all’insaputa degli stessi “possibili sospettati”) il DNA di una serie di persone che sulla base dell’analisi delle celle telefoniche avrebbero potuto avere astrattamente un ruolo nella vicenda.

Gli stessi documenti relativi al fermo di Bossetti, che ho inserito integralmente sopra, nella parte che ho sottolineato in rosso, affermano che fu proprio in quel contesto che per la prima volta emerse l’utenza intestata a Bossetti.

Se le cose sono andate in questo modo, però, ci si trova dinnanzi a due alternative piuttosto scomode.

La prima è che tra i DNA che vennero presi in quell’occasione (e che sappiamo che alla fine sono risultati essere ben 18.000) non sia mai stato preso quello di Bossetti.

La seconda è che il DNA di Bossetti fosse stato preso ma fosse risultato non compatibile con quello di Ignoto1.

In entrambi i casi la domanda è una sola, ma è molto pressante: perché?

Mi auguro di cuore che mi sia sfuggito qualcosa -qualcosa di grosso- nel valutare questi documenti e trarre le mie conclusioni.
A tal proposito, invito chiunque notasse eventuali imprecisioni a contattarmi.
Ma qualora non mi fosse sfuggito nulla, non può non sorgere spontanea una domanda: sono questi gli indizi a carico di Massimo Bossetti sulla cui base si sta consumando un terribile linciaggio mediatico da ormai venticinque giorni?
Se la risposta a tale domanda dovesse essere affermativa, la mia mente non può che correre al grande Claudio Villa, ed in particolare al suo celebre “Ammazzate oh!”
Claudio_Villa

Ma qualcuno potrà forse trovare eccessivo e fuori luogo un riferimento ironico a Claudio Villa: e allora, mi si permetta almeno un riferimento, molto meno ironico e molto più amaro, a Giorgio Gaber e al suo “io non mi sento Italiano”.
Ieri ho parlato di come una semplice dichiarazione di Bossetti, che ha cercato di dare una spiegazione alternativa alla presenza del suo DNA dichiarando di soffrire di epistassi, sia da alcuni stata intesa come un’ammissione della presenza del suo stesso DNA.
E se davvero l’Italia è ridotta a questo, ossia ad un Paese nel quale con la connivenza, quando non con il plauso, di buona parte dell’opinione pubblica si può arrivare all’artificioso stravolgimento di qualsiasi dichiarazione di un indiziato, per colpirlo alle spalle profittando delle sue scarse conoscenze tecniche e di fatto delle prove a suo carico, allora con il cuore in mano credo di non potermi più sentire Italiana.

7 pensieri su “La questione delle celle telefoniche: tanto rumore per nulla?

  1. Bravissima Alessandra! Sto seguendo il tuo lavoro e ti sono molto grata per quello che fai per quest’uomo.
    Il modo in cui i media hanno trattato questo caso è veramente un’oscenità; il fatto che venga permesso ciò, da una classe politica che qualche regoletta per tutelare dei semplici cittadini, la potrebbe anche imporre, è altrettanto osceno.
    Anch’io stavolta, mi sento poco italiana e mi vergogno di far parte di un popolo che non si oppone in massa al fatto che una famiglia intera, venga linciata in modo tanto ignobile, come nel caso della famiglia Bossetti!
    Ci tengo a far conoscere un messaggio che un mio conoscente, Stefano, ha scritto nella sua pagina facebook, al ragazzo 19enne che circa 2 mesi fa, ha investito e ucciso con l’auto, il suo unico figlio 13enne, Alessio.
    Alessio era un ragazzino molto speciale.
    Ecco il messaggio di Stefano:

    “è l’unico modo di far arrivare a tutti questa mia comunicazione e rendere pubblico questo mio pensiero;
    Ciao ragazzo, volevo dirti che è venuto il momento di aiutarti a passare attraverso ad un momento difficile per te e la tua famiglia. Sono sicuro che il tragico episodio, ti ha segnato molto e forse non sai come venir fuori dal tuo dolore e disperazione.
    Io ti sono vicino qualsiasi cosa è successa quel giorno, quell’ora, quel minuto e quel secondo, so anche che in quella strada, si è portati ad andare un po’ forte e non nascondo che anch’io e la maggior parte degli automobilisti non rispettano i limiti in quel tratto, poteva capitare anche a me o ad un’altro, ti capisco e ti perdono, adesso riprenditi a tua vita e vivi, sei giovane puoi e devi far passare questo periodo triste e difficile. Anch’io e mia moglie stiamo cercando di reagire e lo dobbiamo fare per noi, per chi ci conosce e per Alessio. Anche tu puoi fare questo per te e i tuoi cari.
    Con Affetto Stefano & Viera”

    Non ci sono parole per descrivere la grandezza di quest’Uomo.
    E allora penso ai 3 figli e alla famiglia del presunto assassino di Yara, massacrati senza riserva a livello nazionale…nessun rispetto, nessuna precauzione per tutelare questi tre bambini, che non hanno nessunissima colpa. Yara merita giustizia, ma non sono tanto certa che questa giustizia possa giustificare la violenza e la turbolenza che, attraverso i media e il web, è stata vomitata addosso a questi tre bambini e che lascerà segni indelebili nella loro anima.
    Penso alla morbosità e mancanza di sensibilità con cui gente comune, vomita porcherie addosso a chi ha la sfortuna di avere in famiglia un presunto assassino e mi sento tanto triste, perché credo che tutti noi, con un piccolo sforzo, potremmo contribuire a creare una società che sia non dico a misura di bambino, ma almeno a misura d’ uomo.
    Poi penso ad Alfano, che lunedì 16 Giugno, ha voluto fare il figo, tutto fiero e baldanzoso annunciando la cattura del PRESUNTO assassino di Yara…mi chiedo se lui si è posto il problemino della valanga che sarebbe arrivata addosso ai tre stupendi bambini che sono figli di questo presunto assassino…in fondo non ci vuole chissà quale mente superiore per decidere di fare le cose al meglio, per evitare di avere altre vittime innocenti. Oppure è stato un tentativo di spostare la nostra attenzione dal fatto che lunedì 16, in generale ci giravano parecchio le palle, visto che, come dei perfetti cretini, eravamo a fare code in banca a pagare le tasse sulla casa??
    Ai genitori di Yara e al signor Stefano, che ho menzionato sopra, deve andare tutto il nostro rispetto e la nostra ammirazione. Da loro e dal loro cuore immenso, dalla generosità con cui riescono a mettersi nei panni delle famiglie dei carnefici, abbiamo tantissimo da imparare. Non ci vorrebbe poi tanto per migliorare le condizioni di questa nostra società ormai agonizzante, basterebbe farsi cullare dall’ Amore che trasmettono queste Grandi persone, ogni volta che aprono bocca e provare a mettersi in contatto con SE STESSO, quella meravigliosa effettività che tutto potrebbe e tutto crea.
    Alfano & C? Nessuna stima!!!
    Con Affetto.
    Eli

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    • Carissima Eli, ti ringrazio tantissimo per le tue belle parole e per la testimonianza così toccante che hai riportato.
      Penso che spesso la grandezza d’animo si veda proprio dal modo di affrontare il dolore: ed a queste famiglie che hanno subito delle gravissime perdite va tutta la mia solidarietà e la mia vicinanza.
      D’altronde è assurdo ritenere che un dolore così grande possa venire meno, o anche essere lenito, attraverso espressioni di giustizialismo forcaiolo di stampo medioevale che ben poco onore fanno al nostro Paese, ed altro non mostrano che la grettezza di un gran numero di opinionisti, per i quali bisognerebbe forse rivolgersi all’ordine dei giornalisti invitando ad un maggior controllo sull’obiettività delle informazioni ed il rispetto del diritto alla presunzione di innocenza; l’altra ipotesi sarebbe -e mi si perdoni la schiettezza- quella di rivolgersi ad un veterinario con esperienza sulla gestione di rapaci, sciacalli e avvoltoi.
      Se la nostra informazione ascoltasse non dico me, che sono una semplice blogger che, da giurista, ha voluto dare sfogo alla sua indignazione per un linciaggio mediatico senza precedenti e senza pari in netto contrasto con i principi dello stato di diritto, ma perlomeno la famiglia della povera Yara, il cui dolore composto e la cui assenza di qualsivoglia velleità di sputare sentenze affrettate su una persona che potrebbe essere innocente e così si dichiara, forse vivremmo in un Paese migliore.

      Ma il solo fatto che vi siano diverse persone che hanno espresso la propria riprovazione nei confronti di questo indegno processo mediatico e popolare, mi dà una speranza che, in futuro, certe cose possano non ripetersi.

      Un abbraccio,

      Alessandra

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      • Ciao Alessandra, quando vedo persone come te, a cui sta a cuore il destino e il benessere di uno sconosciuto, mi si riaccende un lumicino di speranza, anche se mi rendo conto che il “gregge di pecore” ormai è talmente inconsapevole, che la vedo molto dura per questo nostro povero mondo.
        Già da tantissimo tempo ho smesso di screditare le mie percezioni ed esse mi stanno urlando a squarciagola, che quest’uomo è innocente. Lo sento dal profondo della mia anima e non riesco a darmi pace, perché anche se, come spero con tutto il cuore, avvenisse qualcosa che stabilisce senza dubbio la sua innocenza, questa famiglia subirà conseguenze per decenni, per lo scempio che è stato permesso, ai loro danni.
        Mi piacerebbe così tanto poter essere di supporto a questa famiglia, tutta la famiglia; non so se hai osservato anche tu, ma sono tutte persone particolarmente belle dentro. Proprio belle!
        Che bisogno c’era di mettere alla berlina la mamma di Massimo Bossetti e darla in pasto a un branco di bavosi del web, che farebbero bene a farsi curare, tanto sono deficienti?
        E’ stata infedele forse sì ma anche no? Vorrei proprio vedere, se facessimo il test tutti assieme appassionatamente, in quanti si salverebbero!
        Non saprei come dimostrare il mio sdegno, nei confronti di quelle quattro donnette, travestite da opinioniste, tipo elenoire (minuscolo dovuto), che avranno sì e no 58 di QI e che appoggiate da conduttori televisivi altrettanto poco dotati, sparano cazzate senza senso. In questi bei personaggini non troverebbero un barlume di intelligenza, neanche i luminari del RIS! O del ROS? Va bè, fa lo stesso…
        Mi chiedo chi ridarà la vita agli splendidi figli di Bossetti; mi piacerebbe capire perché non si può definire assassinio, quello che la nostra Italia benpensante e bacchettona, ha permesso ai loro danni.
        Mi auguro tanto che la nostra voce arrivi alla famiglia Bossetti e a quei bimbi bellissimi, che qualcuno gli faccia arrivare che il mondo non è fatto solo di cessi privi di spessore umano; ci sono anche persone come Alessandra, che farebbero di tutto per dare sollievo, al grande dolore che è stato inferto loro, in modo vergognosamente gratuito. Sono certa che il papà e la mamma di Yara, la pensano come me.
        Con affetto
        Eli

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  2. Hai pienamente ragione, ancora una volta: non si può che provare un senso di schifo e orrore dinnanzi allo scempio che sacrifica un’intera famiglia sugli altari dell’audience, senza alcuna pietà nemmeno per dei bambini.
    E proprio a proposito dei bambini, oggi un’iscritta al gruppo su facebook ha fatto una riflessione molto interessante, che doverosamente cito e faccio mia, perché è impossibile non condividere:
    “Nella vicenda di Massimo Giuseppe Bossetti c’è un esercito di bambini e ragazzini coinvolti.
    La prima in assoluto è Yara, che a distanza di 4 anni non ha ancora trovato una pace adeguata, lasciando i suoi familiari in un limbo assoluto, incolmabile e straziante. Ci sono i suoi fratelli, di cui uno in particolare è citato anche nell’ordinanza di custodia cautelare del secondo presunto assassino. A lui credono quando parla di “barbetta” e di “macchina grigia”, non lo fanno quando dice che l’uomo di cui aveva paura sua sorella era “cicciottello” e che non corrisponde alla figura di Massimo Bossetti.
    Ci sono le compagne di ginnastica ritmica che il presunto colpevole non l’hanno mai visto in palestra, ma anche a questo dettaglio è dato poco peso, non ha valore ai fini dell’indagine.
    E poi ci sono i figli dell’accusato, di 8, 10 e 13 anni, sbattuti da un profilo facebook all’altro senza umana pietà, citati anche nei più squallidi articoli di giornale, in alcuni casi si svelano pure i nomi, non si sa mai che possiate incontrarli e far loro qualche domanda. Tre innocenti che pagano il prezzo di una società che ha perduto completamente il senno, vigliacca, ipocrita e totalmente incapace di empatia.
    Giornalisti, conduttori televisivi, esperti, opinionisti che non si chiedono, nemmeno per un attimo, “E se i figli di quest’uomo accendono la televisione, navigano su internet, s’imbattono su un quotidiano e leggono, vedono, ascoltano ciò che sto dicendo?”.
    Arriva, prima o poi, il momento in cui la vita si fa vedere per quella che è e il mondo si svela nella sua bruttura, costringendoci a crescere all’improvviso, nessuno è scevro da questo passaggio, ma il modo in cui tutti questi bambini e ragazzini hanno dovuto impararlo è indecente.
    Quei chilometri apparentemente troppo lunghi per l’accusato – sfido chiunque a non aver mai percorso distanze maggiori per evitare il traffico -, per questi giovani sono invece ristrette, visto che da un paese all’altro si conoscono tutti, si sa vita, morte e miracoli, si condividono molte più esperienze che in un quartiere di città.
    Encomiabile la famiglia di Gambirasio che chiede di pregare per questi figli senza colpa e necessario sarebbe andare oltre alla preghiera, ricordare, nei fatti, che loro non c’entrano e proprio per questo le lingue dovrebbero smettere di battere a vanvera, le penne dovrebbero aver finito l’inchiostro quando non c’è nulla da dire e la televisione dovrebbe occuparsi d’altro, se ancora sa occuparsi di qualcosa.
    Se poi, a tutto questo, aggiungiamo che Bossetti potrebbe essere innocente, l’affare si fa più grosso, il pasticcio più nervoso e il moralismo più vergognoso. Non nominerò qui i signori e le signore che per la loro notorietà dovrebbero pensare mille e più volte a ciò che dicono, decidano loro se di una parte del destino di questa gioventù innocente vogliono farsi persecutori e proseguire come nulla fosse stato.”

    Purtroppo ho avuto modo di vedere, nei social network, perfino delle foto dei bambini del sig. Massimo Bossetti usate a mò di fotomontaggi truci e vergognosi: sono questi i nostri bacchettoni moralizzatori che si ergono a giudici?
    Non ci sono commenti possibili dinnanzi a tanto, solo un silenzio infinito, e l’augurio che queste famiglie possano ritrovare un giorno, in qualche modo, la loro serenità.

    Spero anche io che la nostra voce arrivi, perché è giusto che si sappia che non tutta l’Italia ha già condannato sulla scorta di rotocalchi e salottini televisivi patetici, e c’è anche chi ha serbato la propria umanità.

    Ricambio l’affetto e grazie di cuore ancora per le tue parole stupende,

    Alessandra

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    • Ma cosa si può fare, per far capire al conduttore di delitti&segreti o come diavolo si chiama, che quella specie di ghigno a mò di sorriso, che ogni tanto dona ai suoi telespettatori, non lo fa sembrare per niente sveglio? Non lo sto neppure dicendo con risentimento o altro, è proprio che non sembra tanto intelligente, la settimana scorsa era persino infastidito perché un suo opinionista meno indecente del solito, si era posto il problema dei figli di Bossetti.
      E’ proprio vero che l’ignoranza fa più male della cattiveria. Perché, diciamolo con tutta la comprensione di cui siamo capaci, questi sono spiritualmente ignoranti sul serio, mica per scherzo.
      Mah…io non è che mi senta particolarmente vendicativa, ma auguro con tutto il cuore a questi personaggini, che capiti anche a loro di subire quello che fanno subire ai malcapitati che gli vengono a tiro.
      Eli

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  3. Delle celle telefoniche bisogna anche dire che mediamente hanno una copertura di 2 o 3 km, quindi dire che due persone agganciano al stessa cella può anche voler dire che si trovavano nella stesso momendo a distanza anche 4-6 km. Invece molti specciano l’idea che essere localizzati col cellulare dia la stessa precisione di un gps.

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    • Concordo, qua la semplificazione mi ha spinta a ridurre all’osso le spiegazioni per mostrare quanto sia fallace appigliarsi a questo presunto “indizio”.
      Nell’ultimo articolo pubblicato ho riportato proprio uno scritto che tratta della possibilità di agganciare una cella telefonica vicina ma diversa da quella astrattamente considerata la “miglior servente”…

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